Una Nuova Vita

...Fa caldissimo. Fa male. Odio tutto queeesto...

La voce di un bambino risuonò direttamente nella mia testa, trafitta da un dolore lancinante.

Beh, cosa vuoi che faccia? Non sapevo cosa fare e, col passare del tempo, la voce si fece sempre più silenziosa.

Quando realizzai di non sentirla più, quella sorta di bolla che mi stava incapsulando scomparve in uno scoppio e sentii di star riprendendo lentamente conoscenza.

Allo stesso tempo, avvertii dolore e febbre attraversarmi il corpo come se fossi affetta dall’influenza. Annuii e concordai col bambino, faceva davvero caldo e faceva anche molto male. Lo odiavo.

Quella voce non replicò.

Faceva caldissimo. Provai a girarmi per trovare un posto più fresco nel letto. Forse a causa della febbre, non potevo muovere il corpo come avrei voluto. Mi sforzai inutilmente e, mentre mi dimenavo, sentii qualcosa che ricordava il suono della carta e dell’erba sfregarsi proprio sotto di me.

«...Cos'è questo rumore?» Dovevo avere la gola infiammata a causa della febbre, ma una voce infantile e acuta fuoriuscì dalla mia bocca. Non era la mia e suonava come quella del bambino che avevo sentito nella mia testa un attimo fa.

Volevo continuare a dormire dato che la febbre mi stava facendo sentire molto debole, ma non potevo ignorare il fatto che non ero nel mio letto e che quella voce non fosse la mia così, lentamente, sollevai le palpebre che sembravano pesantissime.

La febbre doveva essere molto alta. I miei occhi erano lucidi e la mia vista offuscata. Anche se, fortunatamente, le lacrime fungevano da lenti improvvisate e riuscivo a vedere più lontano di quanto solitamente potevo fare senza i miei occhiali.

«Cos…?» Per qualche ragione, vedevo una piccola e cagionevole mano di un bambino distesa davanti a me. Strano. La mia mano dovrebbe essere molto più grande. Ho le mani di un adulto, non quelle di un piccolo bambino malnutrito.

Riuscivo ad articolarla come se fosse stata la mia, aprendola e chiudendola. Ma, questo corpo che potevo muovere a piacimento, non era il mio. Lo shock dovuto a quella rivelazione mi fece seccare la bocca. «Cosa sta succedendo?»

Assicurandomi di trattenere le lacrime, mi guardai intorno tenendo la testa ferma. Non mi ci volle molto prima di rendermi conto di non essere nella mia stanza. Il letto era duro e sprovvisto di materasso, sostituito da cuscini fatti con qualcosa di ruvido e pungente. La coperta sporca che mi ricopriva aveva uno strano odore e tutto il mio corpo prudeva, come se fosse stato infestato da pulci o cimici da letto.

«Un attimo... Dove sono?» L’ultima cosa che ricordavo era quella di essere stata travolta da una valanga di libri e di non essermi salvata all’ultimo momento.

Almeno, ero certa che nessun ospedale in Giappone avrebbe curato i propri pazienti in letti del genere. Cosa sta succedendo?

«Io... sono sicuramente morta, giusto?» Tutto sembrava confermarlo. Ero morta schiacciata da dei libri. Quel terremoto non superava i tre o quattro gradi di magnitudo nella scala Richter. Non era quel tipo di disastro che avrebbe causato gravi danno o ucciso delle persone. La notizia della mia morte sarebbe comparsa sui giornali con titoli come, "Ragazza universitaria vicina alla laurea schiacciata a morte da libri nella sua stessa abitazione."

...È così imbarazzante! Quel giorno sono morta due volte, la prima fisicamente e la seconda socialmente. Mi sentii così in imbarazzo che tentai di rotolarmi nel letto ma, a causa della mia testa pesante e dolorante, decisi di nascondermi il viso tra le mani.

«Va bene, è vero, ci scherzavo su. Pensavo seriamente che, se proprio un giorno sarei dovuta morire, sarebbe stato meglio farlo travolta da dei libri. Pensavo che si sarebbe rivelata una morte migliore rispetto al lasciarsi andare lentamente in un letto d'ospedale.» Era tutto sbagliato. Avevo sognato una morte felice al termine di una vita circondata dai libri. Non mi aspettavo di andarmene così presto, schiacciata a morte durante un terremoto.

«Che disgrazia. Ero anche stata appena assunta. Aaaah, la mia bellissima libreria universitaria...» In quest'età afflitta da un alto tasso di disoccupazione, riuscii ad ottenere un lavoro in una libreria universitaria. Per realizzare il mio sogno di una vita felice circondata dai libri, superai tutti gli esami e i colloqui necessari con coraggio e determinazione, ottenendo finalmente la vittoria. Questo impiego, rispetto ad altri, avrebbe comportato una maggior quantità di tempo a stretto contatto con i miei amati, e la libreria era persino fornita di un gran numero di opere e documenti antichi.

Mia madre, che si preoccupava per me più di chiunque altro, scoppiò a piangere nel sentire quella notizia.

«È magnifico. Urano, hai davvero trovato un lavoro bello e di tutto rispetto. Sono così fiera di te.» disse con le lacrime agli occhi. E il giorno dopo, che succede? Morta.

I miei pensieri andarono a come mia madre avrebbe pianto dopo aver saputo della mia morte. Quella mia stessa madre che non avrei più rivisto. Sarebbe sicuramente impazzita. Potevo dire con assoluta certezza che sarebbe finita con l'urlare: «Quante volte ti avevo detto di liberarti di molti di quei libri?!»

«Mi dispiace, mamma...» alzai una pesante e debole mano per asciugarmi le lacrime. Con un grande sforzo, sollevai la testa portandomi dietro il corpo bollente in posizione seduta prima di guardare la stanza per ottenere quante più informazioni possibili, senza prestare attenzione ai capelli incollati al collo sudato. La stanza aveva solo un paio di cassettiere per riporre le cose e due tavoli, somiglianti a letti, entrambi ricoperti da coperte sporche. Sfortunatamente, non c’era nessuna libreria.

«Non vedo alcun libro... forse è solo un incubo? Un incubo mortale.»

Se una divinità avesse esaudito il mio desiderio e mi avesse fatta reincarnare, avrebbero dovuto esserci libri nelle vicinanze. Il mio desiderio, dopotutto, era quello di continuare a leggere dopo essere rinata.

Mentre riflettevo su queste cose attraverso la coltre che annebbiava la mia mente influenzata, fissai un nido di ragno che pendeva dal buio e fuligginoso soffitto.

La porta si aprì ed entrò una donna. Probabilmente aveva sentito dei movimenti, o forse mi aveva sentito parlare da sola. In ogni caso, si trattava di una bellissima donna, forse sulla ventina, con una bandana triangolare a trattenerle i capelli. Aveva un viso grazioso, ma era sporca. Così sporca che l’avrei scambiata per un senzatetto se l'avessi vista per strada.

Non so chi sia, ma dovrebbe sciacquarsi la faccia e tenersi pulita. Sta sprecando il suo bell'aspetto.

«Myne, %&$#+@*+#%?»

«Hyaaa!» nel momento stesso in cui sentii l'incomprensibile frase, la mia mente cedette e ricordi che sembravano familiari, pur non essendo i miei, mi travolsero. In un batter d'occhio, anni e anni di ricordi appartenenti alla ragazzina di nome Myne mi attraversarono come un fiume in piena e colpirono il mio cervello, facendomi automaticamente stringere la testa fra le mani con orrore.

«Myne, stai bene?»

No, non sono Myne! Avrei voluto obiettare ma non potevo. Ero sopraffatta dall'indescrivibile sensazione di questa strana, sporca stanza e di queste piccole, deboli mani, ad un tratto, familiari. Avevo i brividi per il fatto che la lingua che prima non riuscivo a capire, era divenuta interamente comprensibile.

Quella grande quantità di informazioni mi mandò nel panico e tutto ciò che vedevo davanti a me urlava una sola cosa: tu non sei più Urano. Sei Myne.

«Myne? Myne?» Gridava preoccupata la donna nella mia direzione, ma per me era solo un'estranea. O avrebbe dovuto esserlo, ma per non so quale ragione, sentivo di conoscerla. Sentivo addirittura di volerle bene.

Quell’affetto lo sentivo estraneo, repellente. Non potevo ancora accettare ubbidientemente che quella donna di fronte a me fosse mia madre. Mentre la repulsione e l'affetto che sentivo si scontravano l’uno contro l'altro, la donna continuava a gridare il mio nome. Myne.

«...Mamma.»

Quando alzai lo sguardo verso quella strana donna che non avevo mai incontrato prima e la chiamai "mamma", smisi di essere Urano e diventai Myne.

*

«Stai bene? Sembra che tu abbia mal di testa.»

Istintivamente non volevo toccare mia madre, colei che esisteva solo nei miei ricordi e che era ancora qualcuno che non conoscevo. Mi lasciai ricadere su quel lurido letto evitando la sua mano tesa. Poi chiusi gli occhi per bloccare ogni stimolo visivo.

«Mi fa ancora male la testa. Voglio dormire.»

«Va bene. Buon riposo.»

Aspettai che uscisse dalla stanza per cercare di capire in che situazione mi trovassi. La testa era un disastro a causa della febbre, ma non sarei riuscita a dormire serenamente dato che ero in preda al panico.

Non avevo idea di come fossi finita così. Ma la cosa più importante era pensare a cosa fare dopo piuttosto che restare ancorata al passato. Sapere come fossero andate le cose non avrebbe cambiato il fatto che dovevo fare qualcosa.

Se non avessi usato i ricordi di Myne per comprendere appieno ciò che mi circondava, la mia famiglia sarebbe diventata subito sospettosa. Iniziai lentamente ad assimilarli. Cercai di andare il più indietro possibile, ma le sue erano memorie di una bambina davvero piccola con una scarsa padronanza del linguaggio. Non capiva chiaramente tutto ciò che il padre e la madre dicessero. Erano molte le cose che non comprendeva. Il mio vocabolario era così carente che più della metà di quei ricordi non avevano alcun senso.

«Cosa devo fare?»

Sulla base dei suoi ricordi fui in grado di determinare un paio di cose. Primo, la mia famiglia era costituita da quattro persone: io, mia mamma Effa, mia sorella maggiore Tuuli e mio padre Gunther che sembrava lavorare come soldato o qualcosa del genere.

La cosa più scioccante era che questo mondo non era il mio. I ricordi riguardanti mia madre, quella donna che indossava una bandana, mostravano come lei avesse i capelli di un colore verde chiaro, simili alla giada. Non erano di un innaturale verde tinto. Erano davvero verdi. Un verde così realistico che avrei voluto tirarle i capelli per accertarmi che non indossasse una parrucca.

In ogni caso, Tuuli aveva i capelli verdi e mio padre, blu. I miei, invece, erano blu notte. Non sapevo se essere felice che i miei capelli fossero molto vicini al nero, a cui ero abituata, oppure triste, perché non lo erano davvero.

A quanto pare, non c’erano specchi nell'abitazione (che ricordava vagamente un appartamento situato ai piani alti di un palazzo) per cui, nonostante i miei sforzi nel cercare di ricostruire il mio aspetto tramite i ricordi, non riuscivo a trovare altri dettagli oltre a quelli già constatati. Se avessi dovuto indovinare, basandomi su quanto fossero di bell'aspetto i miei genitori e Tuuli, potevo dedurre di non esser male nemmeno io. Tuttavia, tutto ciò non aveva alcuna rilevanza fintanto che potevo leggere. Non ero preoccupata. Non che avessi avuto un bell'aspetto quando ero Urano. Avrei potuto vivere senza essere bella.

«Aaaah. Daiii. Vorrei solo leggere. Ho come l’impressione che, se avessi un libro fra le mani, la febbre potrebbe sparire.»

Posso sopravvivere ovunque finché ho dei libri. Posso sopportare qualsiasi cosa. Quindi, per favore. Libri. Fatemi avere dei libri. Posai un dito sotto il mento e iniziai a ricercare a ritroso nei miei ricordi. Vediamo. Mi domando dove potrebbero nasconderli in un posto come questo.

«Myne, sei sveglia?» Quasi a interrompere intenzionalmente le mie riflessioni, una ragazzina che sembrava avere circa sette anni era entrata silenziosamente nella mia stanza.

Era Tuuli, mia sorella maggiore. I suoi capelli verdi, raccolti in una treccia scomposta, erano così secchi che avrei potuto affermare con certezza che non li lavasse affatto. Proprio come la mamma, desideravo si sciacquasse la faccia. Anche lei stava sprecando il suo bell'aspetto.

La ragione per cui pensavo queste cose, molto probabilmente, era dovuta al fatto che ero cresciuta in Giappone, una nazione tanto fissata con la pulizia da essere considerati malati dagli altri paesi. Ma a me non interessava. C’erano cose molto più importanti al mondo. E, in quel momento, c'era una sola cosa ad avere la priorità su tutto.

«Tuuli, mi porteresti un (libro)?» Mia sorella sembrava abbastanza grande da saper leggere, per cui dovevano esserci almeno una dozzina di libri illustrati da qualche parte. Nonostante fossi malata e costretta a letto, potevo comunque leggere. È un miracolo che sia rinata in questo modo dato che, che più di ogni altra cosa, desideravo leggere libri appartenenti ad altre realtà.

Sfortunatamente, la ragazza mi guardava con una certa confusione nonostante il mio amabile sorriso.

«Eh? Cos'è un (libro)?»

«Non lo sai...? Ehm, è una cosa con (lettere) e cose (scritte). Alcuni hanno anche (illustrazioni).»

«Myne, che stai dicendo? Non puoi parlare meglio?»

«Ti sto dicendo, un (libro)! Voglio un (libro illustrato).»

«Che cos'è? Non so di cosa tu stia parlando.» Apparentemente, le parole che non comparivano nei ricordi di Myne fuoriuscivano in giapponese, quindi non importava quanto duramente le stessi cercando di spiegare cosa volessi, Tuuli si limitava a scuotere la testa confusa.

 «Aaah, accidenti! (Fa il tuo dovere, traduttore automaticooo!)»

 «Perché sei arrabbiata, Myne?»

«Non sono arrabbiata. Mi fa solo male la testa.»

Sembra che il mio primo lavoro sarà quello di prestare attenzione a tutto ciò che la gente dice e imparare quante più parole possibili. Con il giovane cervello di Myne, la mia intelligenza e la conoscenza ottenuta durante i miei studi accademici, imparare questa lingua sarà facile come bere un bicchiere d'acqua. O almeno spero.

Anche quando ero Urano, mi impegnavo per comprendere libri stranieri con un dizionario in mano. Se avessi pensato che imparare la lingua di questo mondo sarebbe stato il prezzo da pagare per leggere, non mi sarebbe importato dello sforzo necessario. Il mio amore e la mia passione erano così grandi da allontanare le persone da me.

«...Sei arrabbiata perché hai ancora la febbre?» Tuuli allungò la sua sporca mano verso la mia fronte per cercare di capire quanto calda fosse.

La afferrai istintivamente. «Sono ancora malata, la prenderai anche tu.»

«Hai ragione. Starò attenta.»

Salva. Comportandomi come se fossi preoccupata per lei, potevo evitare cose che non mi piacevano. Ero riuscita ad evitare di venir toccata dalle mani sporche di Tuuli usando le avanzate tecniche sociali degli adulti. Non era una cattiva sorella maggiore, ma non volevo che mi toccasse senza prima essersi lavata. O almeno così pensavo, prima di notare le mie mani sporche. Sospirai.

«Aaaah. Voglio farmi un (bagno). Mi prude la testa.» L'attimo in cui sussurrai quelle parole, i ricordi di Myne mi informarono di un'amara verità: il meglio che avrei potuto ottenere sarebbe stato un secchio d'acqua da gettarmi in testa ed uno straccio con cui strofinarmici.

Noooo! Quello non può essere chiamato un bagno. Non c'è nemmeno un gabinetto qui?! Solo un vaso da notte?! Sul serio?! Ascoltami bene, chiunque sia la divinità che mi abbia trascinata qui... io volevo vivere in un posto moderno e confortevole.

Le condizioni in cui versavo erano così terribili che avrei voluto piangere. Quando ero Urano, vivevo in una casa normalissima. Non avevo mai avuto problemi con il cibo, con i vestiti, nell'usare i servizi o nel procurarmi dei libri. Questa nuova vita era un ridimensionamento enorme.

 Mi... mi manca il Giappone. Stracolmo di cose meravigliose che davo per scontate. Morbidi asciugamani, letti comodi, libri, libri, libri... ma non importava quanta nostalgia provassi, non avevo scelta se non vivere in questo nuovo mondo. Piangere non mi avrebbe portata da nessuna parte. Dovevo insegnare alla mia nuova famiglia il valore della pulizia.

Per quanto potessi giungere lontano nei miei ricordi, potevo affermare che Myne era una debole bambina che spesso aveva l'influenza e finiva per stare a letto per giorni. Molti dei suoi ricordi comprendevano il letto. Se non avessi migliorato le mie condizioni, probabilmente non sarei vissuta a lungo. Dalle condizioni di povertà in cui versavo quando ero malata, potevo immaginare che sarebbe stato ideale evitare cure mediche a tutti i costi.

...Devo pulire questa stanza e scoprire come farmi un bagno quanto prima. Sono pigra e rimando le faccende domestiche il più a lungo possibile anche con l’aiuto di elettrodomestici moderni e comodissimi. Preferivo leggere libri invece che aiutare mia madre. Riuscirò a vivere qui?

Scossi la testa per allontanare quei pensieri. No, no. Come ho detto, è un miracolo già solo essermi reincarnata. Devo essere più positiva. Che fortuna! Potrò leggere libri che nemmeno esistono sulla Terra! ...Okay. Mi sto entusiasmando di nuovo.

La prima cosa, indispensabile per farmi concentrare senza alcuna preoccupazione sulla lettura, era occuparmi del mio corpo. Lentamente chiusi gli occhi per dormire. Mentre la mia coscienza svaniva nell’oscurità, un solo pensiero occupava la mia mente:

Non mi importa cosa. Voglio solo leggere il prima possibile. Aaaah, chiunque sia la divinità mi abbia portata qui, per favore, abbi pietà di me e dammi un libro! È forse chiedere troppo? Vorrei anche una libreria piena fino all'orlo.