Prologo

Cosa dovrei farci, esattamente...!? Zagan si trovava in una situazione alquanto complicata.

Era nel suo castello, adornato da pavimenti in quercia invecchiata che si combinavano perfettamente con le pareti in pietra ricoperte di muschio. I tappeti sui pavimenti e gli arazzi alle pareti tentavano di coprirlo, ma non era mai stata fatta alcun tipo di manutenzione.

Erano passati più di 200 anni dalla sua costruzione ed ora, non era altro che una fortezza completamente isolata ed avvolta da un’atmosfera tetra.

Sedeva sul trono, con le gambe incrociate e la schiena appoggiata allo schienale. Di fronte a lui, una giovane ragazza se ne stava in piedi, immobile.

La prima cosa che chiunque avrebbe notato, sarebbero stati i suoi lunghi capelli, bianchi come la neve, che le cingevano la vita. Successivamente, un nastro di un intenso color cremisi che le adornava il capo. Aveva un volto piccolo e grandi occhi azzurri, come i soleggiati cieli estivi, e labbra di un rosa pallido.

Un abito bianco copriva le sue delicate membra e, dalla scollatura, si intravedevano due grandi rigonfiamenti che contrastavano con la linea minuta del suo corpo.

I suoi occhi erano tremendamente vuoti e le sue orecchie terminavano in una punta.

Un membro della razza leggendaria, conosciuta dall’alba dei tempi come le Fate del Nord: una Elfa.

Un elfo dai capelli bianchi era un esemplare molto raro, giravano voci che fossero dotati di incredibili poteri.

Tali fanciulle venivano considerate come delle divinità piuttosto che semplici esseri umani e, proprio a causa di questo loro status, non c’era uomo che non cercasse di catturarle. Una singola ciocca dei loro capelli, un’unica goccia del loro sangue o anche, nelle loro stesse vite, si celavano poteri imperscrutabili usati come una sorta di catalizzatore magico.

Attorno al collo di questa figura mistica ed effimera, c’era un collare grezzo a cui era ancorata una catena.

Un collare da schiava.

L’esistenza stessa di questa ragazza era la fonte dell’angoscia di Zagan.

Come faccio ad iniziare una conversazione con la ragazza che amo...!? Qualche ora prima, quando si era perdutamente innamorato di lei ed aveva deciso di comprarla, era andato tutto per il meglio. Ma ora, invece, dato che non aveva mai avuto occasione di parlare con ragazze abbastanza grandi da potersi sposare, si sentiva con le spalle al muro. Non aveva la minima idea di come scaldare il cuore di una persona del sesso opposto.

La ragazza in questione era uno dei suoi acquisti e, pertanto, portava con sé lo status di schiava. Forse, anche a causa della tensione che c’era tra i due, aveva un’espressione vuota. Qualcuno potrebbe descriverla quasi come se non avesse avuto espressione alcuna.

Ma lui sapeva che non poteva rimanere in silenzio per sempre. Prima o poi, avrebbe dovuto rivolgerle la parola.

Cercava di ripetere il discorso nella sua mente.

“È una bella giornata, non credi?” … No! Non va bene. Non va affatto bene!

Si trovavano in una stanza senza finestre e, se avessero rivolto lo sguardo verso il soffitto, avrebbero intravisto molte catene arrugginite pendere da vari strumenti di tortura. Comunque, fuori, il cielo doveva essere coperto.

Qualunque cosa pensasse non andava bene. Che cosa avrebbe dovuto dire in quell’occasione?

“Cosa ne pensi di questo castello?” Aspetta, riflettici attentamente. Stiamo parlando di un castello abbandonato, disseminato di cadaveri e di strumenti di stregoneria? Ha l’aspetto di una camera delle torture o, di un vero e proprio inferno, non credi? Quella era l’unica risposta che gli veniva in mente.

Inoltre, rimpiangeva il fatto di non aver ripulito il tutto prima di avercela portata.

E poi successe, dopo mezz’ora. La prima persona a proferire parola... non fu Zagan.

«Padrone, potrei... una domanda...?» Aveva una voce dolce e gentile, simile a quella di un carillon.

«...Che vuoi?» fu la risposta brusca di Zagan che non sapeva più cosa fare.

Rispondendole così, le sarò sembrato offeso?! Anche se finalmente si era decisa a parlargli, lui aveva rovinato tutto. Mentre si contorceva dalla frustrazione, la ragazza pronunciò le seguenti parole e, dal tono della sua voce, sembrava non provar veramente nulla.

«Volevo chiederle... come… pensava... di uccidermi?»

Il ragazzo rimase a bocca aperta, meravigliato ed attonito.

«Cosa?! Perché mai dovrei ucciderti?»

«Eh...? Mi sono forse... sbagliata?» La fanciulla formulò la domanda fissando gli arnesi pendere dal soffitto dalle pareti.

Seghe stracolme di sangue rappreso, bare di ferro con lunghi aghi conficcati al loro interno, cesoie di varie forme e grandezza ed attrezzi mai visti prima, erano disseminati in ogni dove, come delle semplici decorazioni.

Erano tutti strumenti di tortura, lasciati dal precedente proprietario del castello.

Ho anche lasciato il cadavere dell’intruso di stamattina all’ingresso. Non mi meraviglio che lei sia spaventata…

Ripensandoci, gli era sembrato che il corpo della fanciulla si fosse come irrigidito alla vista di quel corpo con la testa esplosa.

Se mai ci fosse stato uno stregone capace di portare una donna in un posto tanto lugubre ed affermare placidamente: “Sono un gentiluomo, non ti farò nulla di spaventoso”, Zagan sarebbe stato il primo a tirargli un bel pugno in faccia.

Quindi, data la situazione, una goccia dopo l’altra, il sudore freddo iniziò a scivolargli lungo la schiena.

Osservando gli occhi di quella ragazza, che sembravano aver perso, ormai, ogni speranza, non riusciva a pronunciare nemmeno delle flebili scuse.

Per capire come si è potuti giungere a questa situazione… bisogna tornare indietro al mattino di quello stesso giorno.