Il Primo Amore è una Brutta Malattia che Affligge Tutti

Parte 1

Al sorgere del sole, un urlo straziante squarciò il silenzio della foresta.

Il fitto fogliame degli alberi si espandeva come un soffitto e la luce del sole faceva fatica ad entrarvi. Le città confinanti la chiamavano: Foresta del Perduto. Al centro, un antico castello abbandonato ricoperto d’edera. Si narrava che fosse abitato da uno stregone che potrebbe essere stato un fantasma o addirittura un demone.

In quella misteriosa foresta, stava passeggiando Zagan.

Era un ragazzo prossimo a compiere i diciotto anni di età. Portava un abito scuro con delle bordature rosse, aveva i capelli neri e gli occhi color argento. I suoi lineamenti erano raffinati ed affascinanti. Senza alcun dubbio, se solo si fosse vestito in modo più ordinato, lo si sarebbe potuto scambiare anche per un vero e proprio nobile.

«Meyers, fermati ti prego! Torna in te...» Osservando la scena, poteva vedere una donna immobilizzata a terra da un uomo vestito come un Cavaliere Angelico.

Era molto giovane, probabilmente ancora una ragazzina. Aveva dei bei capelli rossi come il rame, dei profondi occhi azzurri ed una carnagione bianca quasi trasparente. Dalla morbidezza dei lineamenti del ponte del naso, si poteva percepire un certo senso di raffinatezza, come quella propria degli aristocratici. Tuttavia, la sua aria da maschiaccio sovrastava tutto il resto.

Quel viso vivace si era trasformato in una maschera di paura.

Era corretto ipotizzare che fossero la figlia di un nobile ed il suo servitore? Zagan pensava a svariate opzioni mentre si dirigeva con passo tranquillo verso di loro.

Nel frattempo, la ragazza oppose una violenta resistenza e graffiò l’uomo in volto.

«Aaaah!» ad impallidire non fu però l’uomo. La pelle del viso in cui si erano conficcate le unghie... venne via.

Con questa, penzolante, brandelli di carne e sangue iniziarono a colare goccia dopo goccia.

«Aaaah!» strillò alla vista di quel volto orribile e terrificante.

Non c’era più una faccia dietro tutta quella pelle cadente. Il naso e le orecchie, così come le guance, erano spariti… I lineamenti, perduti.

Forse è uno stregone? Zagan sapeva che quella faccia era il prezzo da pagare per la stregoneria.

Con quello spettacolo grottesco ad un palmo dal naso, la ragazza cominciò a tremare battendo i denti.

L’uomo prese il coltello dalla cintura e lo passò sul petto della sventurata come per accarezzarlo.

«Ah!» con un fendente le lacerò la maglietta e le scoprì i seni. Era facile intuire cosa sarebbe successo di lì a poco.

Guardando la sua vittima pervasa dalla paura, dalla vergogna e senza la forza di pronunciare nemmeno una singola parola, rise.

«Ahahah, hai un’espressione davvero invitante, sai? Mi dispiace deluderti ma non ti violenterò come speri. Una vergine come te è un oggetto estremamente prezioso per uno stregone.»

Stai tranquilla, non intendo profanarti. Percependo quelle intenzioni, l’espressione della ragazza mutò e la tensione sul suo volto si allentò per un istante.

Non sapeva che, ad attenderla, ci sarebbe stato qualcosa di molto più ripugnante.

«La pelle del viso di una vergine, strappata via mentre è ancora in vita è… abbastanza utile. Non morirmi troppo in fretta, ci siamo intesi?» I brandelli di carne che erano caduti le si riflettevano negli occhi.

«N-No… NOOOOOOOOOOOOOOOOOO!» Quelle urla resero l’assalitore ancora più eccitato.

«Sai, per me non esiste piacere più grande di tirare via la pelle dalla faccia di una bella donna come te. Rilassati, quando avrò finito, riempirò il tuo corpo con tutto il mio amore! Ihihihihihih!» e, proprio in quel momento, Zagan gli apparve alle spalle.

Afferrò la sua testa come un’aquila e sollevò, con una sola mano e con estrema facilità, l’intero corpo.

«E-Eh...?» dopo essersi visto togliere il coltello che teneva sul viso della giovane, gli urlò contro con la sua voce da idiota.

«C-Chi diavolo sei?!»  non aveva ancora compreso la situazione in cui si trovava, e Zagan era esasperato da quell’uomo infuriato.

«Dovrei chiedertelo io! Non mi importa se vuoi torturarla o violentarla, ma andare a fare lo scemo nelle proprietà altrui… Senza contare che stavo per farmi un bel riposino. E adesso mi sento più sveglio di prima.» Un bel riposino… Nell’udire quelle parole prive di pietà nei confronti della vittima, sia l’uomo che la ragazza stessa rimasero scioccati.

Con il castello abbandonato al centro, l’intera foresta era sotto il dominio di Zagan. Nessuno l’aveva mai sconfitto fra i confini del suo territorio.

Proprio perché l’uomo era uno stregone, riuscì almeno ad intuire il significato di quelle parole. Gettò via il pugnale e alzò entrambe le mani in alto.

«A-Aspetta! Anche tu sei uno stregone come me, no? Anche se mi volessi uccidere, non ci guadagneresti nulla. Se mi lascerai andare, condividerò con te il risultato delle mie ricerche!» Stava implorando per la propria vita. Del resto, si trovava in una situazione tale per cui, cedere i suoi beni sarebbe stato il male minore.

Per uno stregone, la conoscenza è potere. Proprio perché, semplicemente acquisendo nuove conoscenze, si ha l’opportunità di accrescere la propria stregoneria.

Nonostante ciò, Zagan lo fisso con occhi sospettosi e pronunciò la frase seguente come se gli stesse sputando addosso.

«Parli di questa merda utile solo a scuoiare qualcuno? Non me ne faccio niente.» Terminata la frase, la testa dell’uomo esplose in mille pezzi come un frutto schiacciato.

«Ah… Detto fatto.» Quel corpo senza vita cadde sulla ragazza. Poiché la testa era esplosa, frammenti di carne e sangue le si riversarono incessantemente addosso.

Completamente insanguinata, perse conoscenza. Al suo risveglio, probabilmente, avrebbe accolto con sé un paio di traumi emotivi.

Come c’era da aspettarsi, trattare una giovane fanciulla in quel modo, aveva lasciato un profondo senso di colpa nel petto di Zagan.

M-Mi devo calmare. Sono uno stregone. Posso sistemare questa sciocchezza senza problemi.

Se tutto quel sangue fosse sparito, forse la ragazza avrebbe dimenticato l’accaduto come se fosse stato un brutto sogno.

Prese un profondo respiro per rilassarsi, agitò l’indice facendolo roteare in aria.

«Surging Ring» dopo aver pronunciato quelle parole ad alta voce apparve un grande cerchio sul terreno. Era un cerchio magico composto da lettere e figure intrecciate assieme. Come se il tempo scorresse all’indietro, tutto quel sangue e quei pezzi di carne vennero rimossi e si raccolsero sul cadavere dello stregone morto. Naturalmente, lo stesso accadde al sangue rappreso sulla mano di Zagan.

Questa era stregoneria. Il prodotto dell’evocazione di un cerchio magico all’interno del quale uno stregone, a proprio piacimento, avrebbe potuto manifestare fenomeni che ignoravano le leggi della fisica. La differenza di potere era evidente fra coloro che riuscivano a formulare e a compiere prodigi del genere.

Esisteva anche un metodo per evitare la creazione di cerchi magici, ovvero recitare una formula, ma in linea di principio il risultato non sarebbe cambiato.

Ad ogni modo, quella stregoneria poteva solamente cambiare la posizione di un oggetto ed infatti, tutti quei brandelli di carne appena riuniti attorno al moncone della testa si sparpagliarono.

Ma anche così, il corpo della ragazza e le sue vesti strappate tornarono al loro stato originale. Osservandola meglio in volto, Zagan emise un flebile sospiro.

È proprio una bella ragazza, eh? Notò il pendente che portava al collo.

«...Una croce? Oh, farà parte della Chiesa?» con Chiesa, faceva riferimento a tutti quegli apostoli dell’auto-proclamatosi Dio mosso dal rancore verso gli stregoni, e l’Ordine Cavalleresco che eseguiva la sua stessa giustizia.

Cavaliere era il titolo usato per identificare i soldati che giuravano fedeltà al re, ma non erano in grado di opporsi al potere degli stregoni. Mentre la Chiesa aveva i mezzi, i “Miracoli”, o così dicevano.

Chi combatteva gli stregoni non erano i cavalieri devoti al re, ma i Cavalieri Angelici della Chiesa. E in breve tempo, la parola “cavaliere” finì per identificare soltanto i membri di quest’ultima.

Per farla breve, la Chiesa era il nemico giurato degli stregoni.

Cosa devo fare...? Se lascio le cose come stanno, penseranno che sia stato io...

Zagan l’aveva effettivamente salvata, ma d’altro canto qualcuno avrebbe potuto considerarla come una semplice disputa tra due stregoni malvagi. Inoltre, le aveva fatto fare anche una bella doccia di sangue.

Quando si sarebbe svegliata, sarebbe stato complicato spiegarle il malinteso. In un modo o nell’altro, uccidere una ragazza a cui aveva appena salvato la vita, gli avrebbe lasciato l’amaro in bocca.

«…Vabbè.» Dopo averci pensato un po’, decise di spostarla.

L’avrebbe abbandonata sulla strada principale che costeggiava la foresta sperando che qualcuno l’avrebbe trovata. Se poi fosse finita nelle mani di un cattivone che le avrebbe causato ulteriori danni, voleva soltanto dire che era sfortunata. Non aveva alcun obbligo nei suoi confronti.

Toccò leggermente il terreno con la scarpa. Apparve un nuovo cerchio magico diverso dal precedente attorno al corpo della poverina.

Era il cerchio magico del teletrasporto che collegava le terre di Zagan con quelle al di fuori dei suoi domini.

Ma prima che la ragazza venisse teletrasportata, qualcosa di insolito venne fuori da quel cerchio.

«Tsk!?» Spalancò gli occhi.

È stato manomesso?

Era nel suo territorio.

Contro eventuali intrusi aveva predisposto diversi incantesimi tra il suo castello e le terre confinanti.

Aveva anche eretto una barriera.

Lo avrebbe informato della posizione di eventuali estranei. Era stata predisposta per catturarli e prosciugarne il potere magico potenziando, di controparte, i suoi stessi poteri.

In altre parole, all’interno dei suoi domini, regnava incontrastato ovunque e su chiunque.

Manomettere un cerchio magico, proprio in quel luogo, non era opera di un comunissimo stregone. Si trattava di un intruso dal talento straordinario, ma Zagan non se ne preoccupò più di tanto.

«Non usare i cerchi magici degli altri a tuo piacimento, Barbatos.» Dal nulla apparve un uomo giovane, alto e magrolino.

Aveva circa 20 anni, un paio più di Zagan, ed era poco più alto di lui. I suoi occhi erano incorniciati da delle profonde occhiaie. Indossava un mantello con un cappuccio che gli copriva la testa ed aveva svariati amuleti attorno al collo.

Zagan era ben consapevole dei suoi poteri straordinari, non soltanto perché era riuscito ad infrangere la sua barriera magica.

«Ciao, Zagan. Vedo che come sempre hai una brutta cera.»

«Se parliamo di chi sta messo peggio, non potrei dire lo stesso di te, Barbatos?»

Tra tutti gli stregoni era il solo ad avere l’audacia di entrare impudentemente nei domini di Zagan ed era, inoltre, il suo unico e solo indesiderato amico.

«E comunque, non usare più i miei cerchi magici.»

«Se non l’avessi fatto, non sarei riuscito a teletrasportarmi qui, no?»

Per farla breve, il potere di uno stregone risiedeva nei suoi cerchi magici. Quell’uomo non solo era riuscito ad impadronirsi di un cerchio magico di Zagan, ma l’aveva fatto all’interno dei suoi territori. Una impresa ben più difficile di quel che sembrava.

Nonostante la posizione avesse avvantaggiato Zagan, questo non gli avrebbe assicurato una vittoria facile in uno scontro diretto. Era quel tipo di stregone.

Barbatos rivolse lo sguardo verso la fanciulla priva di conoscenza, al cadavere che le giaceva vicino e strizzò gli occhi.

«Cosa, cosa? Siamo nel bel mezzo di una festa?»

«Ho solo impartito una piccola punizione all’infame che girovagava nei miei giardini.»

«Hehe, da che pulpito.» Gli stregoni erano malvagi, senza eccezione. Tutto quello che desideravano era accrescere il loro potere e non trovavano alcun valore nelle vite altrui o nelle loro fortune. Se necessario, non si sarebbero fatti scrupoli nemmeno a depredare.

Il motivo che aveva spinto Zagan a salvare quella ragazza non era legato al suo virtuosismo; semplicemente non gli importava nulla di ciò che accadeva.

Continuò a fissarla.

«Ah, ma lei… possiede un bel po’ di mana, vero? Intendi usarla per qualche sacrificio o robe del genere?»

«Gli incantesimi che richiedono sacrifici non fanno per me.» Pronunciate queste parole, toccò nuovamente il suolo con la scarpa.

Una debole luce circondò il corpo della ragazza che svanì. Questa volta, sarebbe stata trasportata all’esterno dei suoi domini.

«Che spreco! Avresti potuto darmela se proprio non la volevi.»

«Non rapire la gente nel mio territorio. Mi darebbero la colpa.»

«Hehe, non sarebbe male come idea. Forse la prossima volta.»

«...provaci e ti faccio saltare in aria, ci siamo intesi?» Sarebbe stato veramente capace di compiere azioni del genere, e Zagan lo fulminò con uno sguardo minaccioso.

Riuscì a mantenere quell’espressione solo per pochi secondi perché poi si lasciò andare ad uno sbadiglio sonnacchioso.

«Ehi, che succede? Mi sembri terribilmente assonnato.»

«Ho passato tutta la notte sui libri di stregoneria. Voglio andare a dormire. Qualsiasi cosa ti serva, torna più tardi.»

«Wow, non dovresti preoccuparti di cose come la stanchezza se, di tanto in tanto, facessi qualcosa per scatenare un po’ di adrenalina nel tuo cervello, non credi? Sono venuto fin qui per farti visita, non essere così freddo.»

«È proprio perché fai questo genere di cose che hai un aspetto così malsano.» Gli stregoni dedicavano la loro intera esistenza approfondendo gli studi sulla stregoneria al fine di trascendere la razza umana.

Vivevano solo per la ricerca. Questo era il motivo che li spingeva ad approfondire gli studi sulla manipolazione del loro corpo e del loro stesso sangue. Non era qualcosa di mirato all’accrescimento della propria forza fisica. Erano le basi: riuscire a manipolare sé stessi a livello cellulare. Per questo motivo non venivano minimamente toccati da cose come le malattie o la durata della vita terrena.

Una volta superato quello stadio, ci si poteva veramente definire stregone.

Comunque, esserlo non significava non dover più bere o mangiare, anche loro sarebbero morti di fame. Potevano non dormire per lunghi periodi ma non sarebbero mai riusciti a cancellare completamente questo loro bisogno. Anche per questo motivo Barbatos aveva quell’aspetto.

Ed era proprio per quello che Zagan non amava quel tipo di magia.

L’amico rise, come se trovasse il tutto un po’ strano.

«Non dire così, ti ho portato una storia interessante.» Nonostante l’atteggiamento malvagio, gli mise amichevolmente un braccio attorno al collo.

«Interessante?» chiese mentre si dava da fare nel respingerlo.

Un sorriso aleggiò sul viso sciupato di Barbatos.

«Proprio così. Lo sai che uno degli Arcidemoni, Marchosias, è morto di recente?» Udendo quel nome, gli occhi di Zagan si spalancarono.

Il termine Arcidemone non si riferiva al re dei mostri come nelle favole. Era un titolo che veniva conferito agli stregoni più abili che raggiungevano i vertici di quest’arte.

Parallelamente al titolo, possedevano un’enorme quantità di mana ed erano in grado di sottomettere gli stregoni di rango inferiore facendoli diventare loro servitori. Era l’apice del potere e dell’autorità a cui ogni stregone ambiva.

Originariamente esistevano tredici Arcidemoni, ma uno di loro aveva esalato il suo ultimo respiro dopo più di mille anni di vita. Anche se si poteva ricorrere alla magia per prolungare la propria esistenza, sembrava non fosse possibile superare la soglia dei mille anni.

Quando si parlava di loro, anche Zagan non poteva ignorare la discussione

«Oh? Cosa c’è? Hai la faccia di uno che vuole saperne di più. No, aspetta un attimo. Non hai detto che volevi andare a dormire? Mhmm, è davvero un peccato, ma lo sai, non voglio incorrere nella tua ira.»

«Smettila di girarci attorno e sputa il rospo.»

«...Il solito coglione asociale.» Dopo un sospiro sconcertato, Barbatos continuò il suo discorso.

«C’è una città, Kianoides, la conosci? Si trova all’interno dei domini di Marchosias. Lì si terrà una grande asta dove batteranno di tutto: dai beni più comuni alle cose più illegali.»

«Non vorrai mica dirmi che…» echeggiò la voce sorpresa di Zagan.

«Esatto! Io ci andrò di sicuro. Stiamo parlando dell’eredità di un Arcidemone.»

Mi puzza, fu la prima cosa che pensò Zagan.

Comunque, l’Arcidemone Marchosias aveva più di mille anni. Anche se Barbatos aveva fatto riferimento semplicemente alla “sua eredità”, chiaramente non si sarebbe trattato di un oggettino o due. Non era improbabile che qualcosa sarebbe finita all’asta.

Il ragazzo diede un colpetto con il gomito a Zagan.

«Forza, dovresti venire anche tu. Se vorrai, ti aiuterò a scegliere una o due donne. Ecco, come dire… quando saremo lì, sarebbe gradita un po’ di assistenza, non so se mi spiego…» disse mimando il gesto del denaro con le dita.

Semplicemente, non aveva soldi per partecipare all’asta.

Zagan sospirò, ma non declinò l’offerta.

«Se vengo, sarò io a mettere le mani su quell’eredità. Intesi?»

«Stai scherzando? Sono stato io a parlartene.»

«Se non ti sta bene, prova con qualcun altro.»

«Non esiste nessun altro stregone disposto a prestarmi il suo oro, lo sai vero?» Barbatos si aggrappò a lui sull’orlo del pianto e Zagan finì per accompagnarlo all’asta.

Un pensiero però attraversò la sua mente.

Donne...

In fondo, anche Zagan era un uomo. Non è che non nutrisse interesse per il corpo femminile.

In verità, pensava solo a quello.

Tuttavia, piuttosto che avvertire il fascino nella normale attesa di una donna, in lui predominava il lato seccante di tutta la faccenda.

Si potevano anche trattare come meri oggetti. Ma in quel caso, sarebbe stato più conveniente utilizzare un attrezzo magico adatto. Non c’era nemmeno la necessità di aprire bocca.

Non è che lui non provasse il desiderio di essere amato, ma il solo pensiero di come far sentire così anche l’altra parte era semplicemente troppo fastidioso.

Invece che cedere al fascino del corpo, tendeva a perdersi immaginando tutti i possibili aspetti negativi. Per questo non sapeva nulla sulle donne.

Più di ogni altra cosa, se gli umani non sono forti abbastanza, finiranno col perire.

Non importava cosa venisse fatto ad un debole umano, non potevano lamentarsene.

Se volevano proteggersi, dovevano diventare forti.

Proprio per questo… era diventato uno stregone, con la pura forza di volontà, alla sola età di diciotto anni.

…e, anche se uno asociale come lui si fosse dato delle arie, le sue convinzioni non sarebbero rimaste integre poi tanto a lungo.