Eina

Parte 1

Una leggera vibrazione, il cellulare sulla mia scrivania. Abbassai lo sguardo per dare un’occhiata, era arrivata una notifica: “Hai un nuovo messaggio”. Un messaggio proveniente da una chat o da qualche social network. Cliccai sullo schermo e lessi.

Eina: 4 Settembre. È una bella giornata. Ho versato del succo e ho sporcato il tappeto! Cavolo, devo trovare un modo per nascondere la macchia!...

Il messaggio sembrava provenire da una certa “Eina”. Non conoscevo quel nome. Forse era un nickname ma non conoscevo nessuno che avrebbe potuto utilizzarne uno così raffinato.

«Cos’è? Spam?», borbottai. Era alquanto insolito. I messaggi spam sono del tipo: “Hai vinto un milione di euro! Se vuoi accettare il premio, clicca qui!” con una pioggia di soldi a tutto schermo. Un account femminile, invece, invierebbe qualcosa del tipo: “Mi sono divertita molto l’altra sera al karaoke.” per poi invogliarti a rispondere e ritrovarti con una richiesta di registrazione ad un sito di incontri, dove ti avrebbero chiesto una cifra assurda per l’iscrizione.

Quel “4 Settembre. È una bella giornata…” non è il classico testo che viene riportato in un diario?

Buzzz.

Un secondo messaggio arrivò mentre stavo guardando il cellulare.

Eina: Copertura della macchia avvenuta con successo! Mia sorella non l’ha vista, evviva!”

Un’altra nota per il diario. Ma che vogliono da me?

Eina: Ho trovato un rimedio togli-macchia su internet! Lo proverò domani ♪ Ora vado a nanna, Zzzzz.

Era arrivato il terzo e ultimo messaggio della giornata.

Decisi che era meglio andare a letto, dopotutto il giorno dopo avrei avuto scuola.

L’indomani, dopo la scuola, ero nell’aula del Club di Letteratura. La porta era aperta e tutti erano invitati: tanto i curiosi, quanto quelli che desideravano farne parte. Anche se sembrava che nessuno fosse interessato. Ero là, da solo, senza nulla da fare.

Mi ricordai del messaggio spam del giorno precedente. Guardai il cellulare e c'erano altri messaggi dallo stesso account. Tre in totale, arrivati la sera.

Eina: Giapponese, esame sui Kanji. È stato facile! ♪

Eina: Oggi abbiamo corso durante l’ora di educazione fisica. Non capisco perché debbano assegnarci un voto per questo. Non potrebbero farci semplicemente correre e basta? Ho il fiatone…

Eina: Ho visto alcune ragazze di un gruppetto litigare all’entrata della scuola. Non faccio parte di nessun gruppo e ho tirato dritto. Non voglio essere immischiata in roba del genere.

Iniziai ad intuire qualcosa su chi fosse il mittente. Sicuramente era una ragazza. Il suo avatar era una scarpetta di vetro, come quella di Cenerentola, e il suo nickname: Eina, sembrava tanto un nome femminile. Forse era una studentessa delle scuole medie o superiori.

Stando a quello che scriveva, era brava in giapponese, ma non tanto in educazione fisica. Non faceva parte di nessun gruppo. Forse amava stare per conto suo.

Nella mia mente iniziò a formarsi una vaga idea di chi potesse essere questa misteriosa ragazza dal nome: Eina.

Allo stesso tempo, cominciai a pensare a quello che ancora non sapevo su di lei: altezza, lunghezza dei capelli. Aveva gli occhi con doppia palpebra oppure no? Avrei tanto voluto vedere la sua reazione se avessi risposto ai suoi messaggi. Una parte di me mi diceva di non farlo.

Prima di tutto: chi mi assicurava che fosse veramente una ragazza? Magari poteva essere un vecchio. Se ne sentono tante di uomini maturi che scrivono in chat spacciandosi per ragazzine. Non avevo sentito da nessuna parte di questo genere di spam… ma la tentazione di rispondere era forte… cosa sarebbe successo?

«Club di Letteratura. Sto entrando!»

Alzai lo sguardo: qualcuno che non mi sarei aspettato stava varcando la soglia. Era una studentessa del mio stesso anno: una ragazza slanciata, con lineamenti delicati e capelli lunghi e ben curati. Aveva un bel portamento. Era talmente bella che metteva in ombra il concetto stesso di "bellezza".

Si chiamava Minekawa Yukino ed era la Presidentessa del Consiglio.

«P-Presidentessa? Cosa ci fa qui? V-Vuole forse iscriversi?»

Il tono della mia voce era abbastanza alto. Non era dovuto al fatto che la Presidentessa fosse bellissima, ma perché il Club di Letteratura stava cercando ancora nuovi membri. Eravamo a settembre ed il periodo di reclutamento si era ormai concluso. Da aprile non era arrivata nessuna richiesta di iscrizione: c’erano fin troppi posti liberi.

Ero l’unico studente del secondo anno ed il futuro del nostro club non appariva così roseo. Prima o poi anche io avrei dovuto concentrarmi sugli esami d’ingresso all’università e avrei dovuto abbandonarlo.

Certo, se non fosse arrivato nessuno, avrei tentato l’anno successivo… ma sarebbe stato bello ricevere almeno una richiesta d’iscrizione.

«Naturalmente no. Nessuno del secondo anno si iscriverà al club. Inoltre, sembra proprio che gli studenti abbandonino subito dopo essersi iscritti.»

La Presidentessa inarcò le sopracciglia mentre mi rispondeva in modo brusco.

Dal momento in cui aprì bocca, avvertii subito il suo tono intimidatorio. Era fredda, distaccata, come uno studente dell’ultimo anno o un’insegnante.

«Non importa se è del secondo anno oppure no. Chiunque voglia iscriversi è il benvenuto.»  Provai a giustificarmi con un timido sorriso. Non parlava in modo offensivo ma lo faceva in modo fin troppo schietto, senza mezzi termini. Durante il semestre trascorso come compagni di classe, mi ero accorto di questo suo lato. «Le piace leggere, vero? Le nostre attività sarebbero perf…»

«Scusa ma non voglio perdermi in chiacchiere inutili. Andiamo dritti al punto…» Non mi lasciò nemmeno terminare la frase. Disse qualcosa di inimmaginabile e inspiegabile. «Raccogli tutto e lascia l’aula.»

«Mi scusi?»

«Nel corso dell’ultima riunione del Consiglio Studentesco è stato deciso di togliere l’assegnazione di questa aula al Club di Letteratura.»

«Non è giusto!»

«Questo spazio può essere adibito a molto altro. È inutile lasciare aule vuote a club inattivi. È più logico assegnarle ai club con molti più iscritti e dalle innumerevoli attività. Anche il vostro insegnante referente ci ha dato il consenso.»

«U-Un momento. Noi qui abbiamo delle attività da svolgere…  inoltre, sto reclutando nuovi membri.»

«Ti vedo seduto senza far nulla su quella sedia… mi sbaglio?»

«P-Perché oggi non è venuto nessuno.»

Cercai di farla apparire come se fosse una situazione momentanea. Era finita l’estate e non si era più visto nessuno che volesse iscriversi. Dovevo mascherare la realtà. Se avessimo perso l’aula sarebbe stata la fine.

«Mhmm… Non vedo il registro delle presenze né tantomeno il nominativo dei nuovi iscritti…»

«Ah, perché...»

Ebbi un tuffo al cuore. Ogni anno il Club di Letteratura pubblicava un’antologia chiamata “Saluto ai Nuovi Iscritti”, ma quest’anno il numero non era uscito. Non c’era stato nemmeno un manoscritto.

Il motivo era semplice.

Non potevo scriverlo.

I membri del terzo anno avevano abbandonato il club e nessuno del primo si era iscritto. Io ero il solo ed unico membro e, non essendo in grado nemmeno mettere insieme due frasi, non sarei mai riuscito a pubblicare un libro.

«Non avete pubblicato niente prima delle vacanze estive ed hai il coraggio di affermare che questo club ha ancora delle attività da svolgere?» Ero basito. Non sapevo come rispondere. La Presidentessa aveva le idee chiare. Aveva centrato il punto. Il vaso stava per traboccare: «Racimola tutte le cianfrusaglie. Quelle che non servono, lasciatele pure qui. Ci penserà il Consiglio a smaltirle.»

Pronunciò quella frase, senza neanche scomporsi. Mi trovavo davvero in un bel guaio.

Avevo ancora una carta da giocare.

Il club significava molto per me. Fin dall’aprile del primo anno, ero andato in quell’aula tutti i santi giorni. In quel posto c’erano ancora i ricordi dei precedenti membri e di chi lo aveva guidato prima di me.

Non mi avrebbe cacciato.

«Non vedo perché dovrei lasciare l’aula così su due piedi», affermai in tono secco e deciso. «Ci sono cose che i ragazzi del terzo anno e gli altri studenti hanno lasciato. Non saprei cosa conservare e cosa no. Ho bisogno di più tempo.»

«Non hai tutti i torti...» rispose annuendo.

Mi immaginai alzare il pugno in segno di vittoria.

La mia strategia era questa: il Festival Culturale si sarebbe tenuto ad ottobre. Era tradizione pubblicare un articolo in vista di quell’evento e, per l’occasione, sarei riuscito a scrivere qualche pezzo. Avrei potuto chiedere agli studenti del terzo anno di scrivere qualcosa come un resoconto della loro vita scolastica. Se solo fossi riuscito a pubblicare un libro, non avrebbero potuto affermare che il club era fermo.

«Vediamo… In due settimane? Se riuscissimo ad avere l’aula vuota prima dell’inizio del Festival Culturale, sarebbe perfetto.»

«C-Cosa?!»

Non avevo parole. Stavo vivendo il momento peggiore della mia vita. Lo stava facendo di proposito...?

Comunque, la sua fu più una domanda che una provocazione. Sapevo che aveva un carattere un po’ ostile, ma non era esattamente il tipo che faceva del male di proposito.

«Solo due settimane? Non è troppo poco?»

«Dici? Se inizi a contattarli da stasera, dovresti rientrarci senza problemi. Potresti anche, non so, inviare le cose per corriere.»

«…»

«Ah…  Per quanto riguarda le spese di spedizione, ti verrà elargito un piccolo fondo. Avrai tutto il tempo di decidere cosa tenere e cosa buttare. Nel frattempo, potremmo iniziare ad usare l’aula.»

Rimasi senza parole udendo quella sua proposta. Era un semplice consiglio, ma non c’era stata alcuna malignità. La Presidentessa non era cattiva.

«Bene, le cose stanno così.»

Si voltò e lasciò la stanza, con un passo leggero ma deciso. Io crollai, affranto, sulla scrivania.