La Ricetta per un Omicidio

Parte 1

Non c’era giorno in cui sarei riuscito a non sentir pronunciare quel nome.

«Tsukimori è così carina...» mormorò sospirando il mio compagno di classe Kamogawa, e i maschi della classe annuirono convinti.

«Sentite: non fatevi ingannare da quel suo corpo magrolino, ha anche delle tette da paura!»

I loro sguardi insolenti erano concentrati sull’oggetto della discussione, Tsukimori, circondata da un gruppo di ragazze. Se avessi dovuto descriverla in poche parole avrei detto che Youko Tsukimori era una ragazza che spiccava fra tutti.

«Non sei d’accordo, Nonomiya?»

«Se lo dici tu.»

«Wow, cos’è questo gelo? Sei o non sei un vero uomo? Se c’è una montagna, devi scalarla. Se c’è una bella ragazza devi innamorarti di lei! Non è forse questo quello che vuol dire essere veri uomini?!»

I ragazzi, capitanati da Kamogawa, reagirono in maniera fin troppo esagerata.

«Penso solo che sia perfetta.»

Tsukimori aveva un bel viso, un bel corpo ed ottimi voti. Il suo carattere amabile la rendeva molto popolare e, a quanto pareva, era anche brava negli sport. Sembrava la ragazza ideale, senza alcun difetto.

«E perché lo dici come se fosse una brutta cosa?»

«Non intendevo questo. È solo che non mi sento a mio agio vicino a lei, tutto qui.»

«Ah, ti capisco. Va oltre le nostre possibilità.»

Per fortuna Kamogawa aveva sentito quello che voleva sentirsi dire.

Quello che realmente pensavo era che fosse tanto perfetta da risultare noioso e soffocante il solo starle accanto. Forse era solo la mia personalità distorta, ma segretamente tenevo le dovute distanze perché non trovavo nulla in comune con lei.

Evidentemente, i miei compagni non la pensavano allo stesso modo e continuavano a spettegolare su di lei come se fosse stata una celebrità.

«Io ho sentito che il suo fidanzato frequenta l’università…»

«Ti riferisci a quello studente? Il ragazzo che ha tre anni più di lei?»

«Cosa dite? Ma non è l’amante del presidente di una grossa società…»

«Sarà per questo che riceve 200.000 yen di paghetta ogni mese?»

«Smettetela! So che vi sembrerà assurdo, ma io ho sentito che l’hanno beccata col professore Kumada, quello di matematica, mentre uscivano da un love hotel!»

Non occorreva paragonarla ad una star, lei era una star. Nuovamente realizzai quanto fosse speciale e, allo stesso tempo, quanto tutte quelle attenzioni fossero indesiderate o, quantomeno a me non sarebbero piaciute.

«Sono solo pettegolezzi senza senso.»

Vedendoli discutere con toni seri ed appassionati, mi scappò una risata.

«Perché non lo chiedete direttamente a lei?» Chiesi solo per infastidirli e, come mi aspettavo, la proposta fu rifiutata con vigore.

«Come se potessimo!»

Spinto dalla loro reazione, decisi di provocarli un altro po'. «Se volete, posso farlo io. Dopotutto, sono il rappresentante di classe.»

«Aspetta, aspetta, aspetta, Nonomiya! Non correre! E se fosse tutto vero?» Ribatté immediatamente Kamogawa.

«Dai, sono soltanto voci.»

«O magari non lo sono!»

Gli altri spalleggiarono subito l’amico: «Con Tsukimori tutto è possibile.»

Tsukimori sicuramente risaltava più di chiunque altro in quella classe. Era su tutt’altro livello: come se avesse conosciuto un mondo inaccessibile a dei semplici studenti delle superiori. Considerando i suoi modi di fare così maturi, era incredibile che avesse la nostra stessa età.

«La verità è sempre lontana dagli occhi», qualunque essa fosse, di sicuro non ne sarei rimasto ferito come, invece, sarebbe successo a Kamogawa.

«Non è sempre la scelta migliore conoscerla…» Non sembravano tanto convinti, la verità avrebbe potuto deluderli molto di più del non sapere.

«Ma non trovate stupido spettegolare, invece di chiarire? Vi avverto, continuando così non troverete mai ciò che cercate.»

«Non importa! Qualche idiota ci ha provato con lei ed è stato scaricato in meno di un secondo! Se ti immischi con persone di tutt’altro livello, finisci solo per farti del male. Preferisco un’illusione alla verità! Vogliamo che Tsukimori rimanga l’ispirazione delle nostre fantasie per tutta l’eternità.»

Mi fecero talmente divertire stavo per scoppiare a ridere: «L’adolescenza è meravigliosa.»

«Abbiamo solo 17 anni! Lasciaci sognare!»

Dovevo trattenermi.

«D’accordo! Se insistete, non vi disturberò più.»

«Fai bene! Non distruggere i nostri sogni. Siamo ragazzi tanto sensibili

«Poco casti, vorrai dire.»

«Caro Nonomiya, dicci un po’, chi ti stuzzica? E non nominare celebrità, non provare a fregarci!»

Kamogawa si lanciò al contrattacco e, gli altri, cogliendo l’occasione, urlarono: «Diccelo! Diccelo!»

«Vediamo…»

A dire la verità non c’era nessuna ragazza che mi piacesse particolarmente, ma data la situazione, non credevo che una scusa del genere sarebbe bastata a dei ragazzi tanto pervertiti.

«Penso che… Usami sia carina.»

Sparai il primo nome che mi venne in mente, ma stando alle facce strane che fecero, la folla sembrava molto delusa.

«Insignificante! Non potevi dare una risposta più banale. Sei così noioso…» commentò Kamogawa.

«Quindi credi che non sia normale essere attratti da Tsukimori?»

«Lo ammetto, ma le sue qualità, così tanto per parlare, sono su piani differenti rispetto a quelle di Usami. Se Usami fosse un succo di frutta, Tsukimori sarebbe del vino pregiato.»

«E non pensi che il succo sia più adatto a dei minorenni?»

«No, idiota, come fai a non capire! Sto parlando di quel fascino proibito dell’alcol: sai di volerlo provare, ma allo stesso tempo, sei consapevole che non dovresti… perché non capisci?! È come essere attratti dal quel mondo proibito che ti si aprirà quando… riesci a seguirmi?»

«Ho capito, ma continuo a preferire il succo! A te non piace?»

«Certo che mi piace, ma…»

Kamogawa ed il suo gruppetto sbuffarono e contorsero il viso.

Per quanto Tsukimori fosse l’eccezione, non si poteva negare che Usami, pur essendo una ragazza nella media, avesse il suo fascino. Quella loro reazione era dovuta al fatto che, non potendo negare l’evidenza, non volevano ammettere che avessi ragione.

Con aria vittoriosa dissi: «Brindiamo con del vino e del succo.»

Il dolce sapore della vittoria.

«Sei un ragazzo ambiguo, sai?»

«Lusingato.»

«Non era un complimento!»

Kamogawa era ancora risentito ma ero riuscito ad avere la meglio.

«Ragazzi! Sedetevi! Le lezioni pomeridiane stanno per iniziare.»

Guidati da quella voce, tutti fissarono immediatamente l’orologio. Reagirono in quel modo proprio perché, a dare l’avviso, era stata proprio la ragazza di cui stavano parlando.

«Ha ragione. Ascoltiamo il Succo di Frutta e sediamoci…» disse Kamogawa mentre tutti si stavano avvicinando ai loro banchi.

«Succo di Frutta…» disse il Succo di Frutta, conosciuta anche sotto il nome di Chizuru Usami, piegando la sua testa rotonda, «…scommetto che stavate sparlando di me...»

Usami mi si sedette accanto, imbronciata.

«Stavamo solo parlando di bevande.»

«Non mentire. Ogni volta che dei ragazzi si riuniscono, possono solo parlare di scemenze o cose da pervertiti», tuonò.

Avrei voluto dirle che erano solo preconcetti, ma in fondo, aveva ragione.

«Che razza di esperienze hai avuto? Sono preoccupato per te.»

«Non compatirmi! Cretino! Sono solo una normale ragazza delle superiori!»

Usami si arrabbiava sempre quando la provocavo e, una volta partita, era come un piccolo animaletto: veramente spassoso da guardare.

«Ascoltami, dovresti andare all’ospedale prima che sia troppo tardi e, se ti imbarazza andare da sola, posso accompagnarti io, ma…»

«Smettila! Smettila di guardarmi in quel modo!»

Mi allontanò la testa con le mani: «Lasciami in pace!»

«Gioisci Usami! Sembra che a Nonomiya piacciano molto i succhi di frutta!», disse Kamogawa che intanto ci guardava ridacchiando con l’espressione di chi parla solo di idiozie o porcherie.

«Dimmelo e basta! Cos’è questa storia del succo di fru…»

Usami si zittì improvvisamente. L’insegnante di matematica, Kumada, era appena entrato in classe.

In classe si sentivano soltanto la voce bassa del professore ed il rumore del gesso sulla lavagna.

Usami era ancora arrabbiata e continuava a lanciarmi occhiate.

Dopo pochi minuti, perse la pazienza. Si sporse con il busto verso di me sussurrando: «Di cosa stavate parlando?»

«Usami, sto cercando di seguire la lezione,», le dissi senza distogliere lo sguardo dalla lavagna.

«…non insistere.»

Siccome continuai ad ignorarla, iniziò a punzecchiarmi con la matita a mine. La punta perforò l’uniforme finendo per colpire la pelle sottostante.

«Fa male.»

«Allora non ignorarmi» disse tutta impettita. «Prima stavate parlando di Youko, non è vero?»

«Come mai tutta questa sicurezza?»

«…cerchi sempre di sviartela in questo modo. Lo so che stavate sparlando di lei.»

«Sono sconvolto. Ci stavi origliando?»

«No! Ho solo sentito il suo nome per caso! Voi ragazzi non parlate, urlate!»

«Usami», la chiamai per attirare la sua attenzione poiché Kumada si era girato verso la classe. In tutta fretta ritornò al suo posto e cominciò a far finta di copiare ciò che c’era scritto alla lavagna.

Dopo qualche attimo di silenzio: «…anche tu preferisci le ragazze come Youko?» sussurrò mentre fissava i suoi appunti.

Guardai in avanti sulla destra. Youko Tsukimori, la ragazza in questione, stava guardando dogmaticamente la lavagna. Sembrava veramente intelligente, tanto da assomigliare ad una conduttrice del telegiornale.

Essendo proprio al centro della stanza, con quella sua particolare aura, dava proprio l’idea di essere il cuore della classe.

Sicuramente era speciale e, per quanto cercassi di evitare inutili contatti con lei, riuscivo a capire come avesse fatto a stregare tutti.

«No, non particolarmente.»

Non è che mi piaccia incasinarmi la vita, ma volevo proprio vedere la reazione di Usami.

«Oh, davvero?»

Sorrise, rasserenata.

«Stavamo discutendo per allegorie: se lei fosse stata una bevanda, Tsukimori sarebbe del vino.»

Quale reazione mi mostrerà?

«E, comunque, tu saresti del succo di frutta.»

Sentì distintamente il suono della mina spezzarsi.

«Ah, sì?»

Usami iniziò a giochicchiare con la penna, fingendo indifferenza. Tuttavia, non mi sfuggì il momento in cui le sue guance divennero rosse.

Si zittì.

Le sue reazioni spontanee mi rasserenavano. Certo, avevo detto il suo nome perché era stato il primo a venirmi in mente ma, forse, avevo rivelato dei sentimenti di cui nemmeno io ero a conoscenza.

Almeno in quel preciso istante, Usami mi piaceva.

«Comunque…»

Credevo che la nostra conversazione fosse finita lì, ma aveva qualcos’altro da dire.

Con faccia seria, sussurrò: «I-Io sono una ragazza normale, sai? Normale! Non stramba come hai detto prima. Non voglio essere fraintesa, va bene?»

Mi sfuggì un sorriso udendo quelle parole adorabili.

Adoravo quella la sua onestà almeno… quanto del delizioso succo di frutta.

Sarebbe stato bello innamorarsi di lei.

Dopo la riunione mensile dei responsabili di classe, la nostra referente lasciò in tutta fretta l'aula.

Quella stanza era ormai vuota, così anche io decisi di andarmene. Non essendo in nessun club non avevo motivo di rimanere, dovevo tornare a casa e prepararmi per il lavoro part-time.

Scostando la sedia notai un quaderno sul pavimento, uno di quelli che si usano all’università. Capii immediatamente di chi fosse. La scritta sulla pagina frontale recitava: “Youko Tsukimori”.

Mi guardai intorno, ma se ne era già andata. Decisi di poggiarlo sul suo banco prima di uscire.

Ma, proprio in quell’istante, notai un pezzetto di carta uscire dal quaderno. Lo afferrai senza pensarci e lo estrassi.

«…non me l’aspettavo», mi lasciai sfuggire.

Era una pagina A4 piegata. La calligrafia non sembrava appartenere né alla Tsukimori di cui tutti parlavano, né a quella che mi ero immaginato.

Pensando che ci sarebbe voluto un po' di tempo per leggerla, dopo aver controllato che nessuno guardasse, la infilai nello zaino.

Si potrebbe dire che, alla fine, ero caduto in tentazione.

Non mi sentivo minimamente in colpa. Ero solo curioso.

Non avevo niente contro il vino. Tanto per cominciare, di certo non potevo giudicarlo senza prima averne assaggiato una goccia. È solo che il mio attaccamento alle bevande conosciute vinceva contro la mia paura di provarne di nuove.

In realtà, anche io ero interessato a quel vino che tutti amavano.

«Chissà quali segreti nasconde la nostra star…»

Uscii dall’aula come mio solito.