Esplorando la Mia Casa

Sono passati tre giorni da quando sono diventata Myne. Tre giorni davvero intensi. Sono sopravvissuta a diverse battaglie brutali di cui non sarei riuscita a parlare senza piangere. Prima fra tutte, sgattaiolai fuori dal letto alla ricerca di libri in giro per casa, ma mia madre mi trovò costringendomi a ritornarci. Si arrabbiò davvero tanto. Provai e riprovai a scappare, ma fallendo ogni volta. Ogni singola volta. Era arrivata al punto da rimettermi a letto a meno che non stessi usando il bagno!

Alla fine, non ho avuto alcuna possibilità di cercare libri. A ciò si aggiunse che anche l’uso del bagno, l’unica libertà concessami, divenne ben presto motivo di sofferenza. Il “bagno”, in questo posto, era un pitale posto all’angolo del letto.

A peggiorare le cose, Myne non era ancora in grado di usarlo da sola, così mi ritrovai a “liberarmi” mentre un membro della famiglia guardava. Per quanto urlassi: «Posso farlo da sola! Non guardate!», nessuno batteva ciglio. Anzi, si arrabbiarono con me chiedendomi cosa avrei fatto se avessi fatto pipì ovunque.

Finii per usare il pitale piangendo, e credetemi o no, Tuuli si complimentò con me. «Wow, Myne! Sei diventata davvero brava. Prima o poi sarai in grado di farla da sola.» Apprezzavo che fosse felice del fatto che sua sorella minore stesse crescendo, ma il mio orgoglio, la mia dignità ed il rispetto per me stessa come essere umano, erano a pezzi.

In ogni caso, non solo la mia famiglia usava come bagno un pitale, ma oltretutto, lo svuotava gettandolo direttamente dalla finestra. Da non crederci.

Cambiarsi i vestiti era una sofferenza altrettanto terribile. Cercavo di farlo da sola, ma mio padre, che a malapena conoscevo, prendeva il comando e lo faceva per me. Era così imbarazzante che iniziavo a piangere, insistendo di poterlo fare per conto mio, ma lui lo interpretava come un capriccio. Davvero, da non crederci.

Dato che il mio vero padre era morto quando ero piccola, non ho mai potuto capire come relazionarmi con una figura paterna. Nonostante i ricordi di Myne mi dicevano che gli volessi bene, riuscivo solo a vederlo come un uomo muscoloso dall’aspetto spaventoso. Era molto forte grazie al fatto che lavorava come soldato, e tutte le mie opposizioni si infrangevano contro la sua potenza.

Tre giorni di continue sconfitte contro la mia famiglia ebbero come risultato che il mio giovane cuore e il mio pudore furono ridotti in frantumi.

Sono una bambina. La mia famiglia deve prendersi cura di me. È così che devono andare le cose... se non la pensassi in questo modo, morirei! Non ne posso più! Questa vita è troppo! O così urlavo nella mia testa, ma non mi era di alcun aiuto. Anche se fossi scappata di casa, una bambina malaticcia come me non sarebbe stata in grado di fare niente da sola. Sarei finita per correre lungo le strade alla ricerca di una doccia, urlando per l’orrore dei liquami lanciati dalle finestre, fino a quando, prima o poi, non sarei morta miseramente di fame.

Nonostante sembrasse che non avessi sperimentato altro che fallimenti, non era del tutto vero. Ero riuscita a conquistare delle piccole vittorie. Ad esempio, dopo aver raggiunto il limite di sopportazione, chiesi a Tuuli di strofinarmi il corpo con un panno caldo ogni giorno e lei accettò. Insomma, se proprio dovevo essere spogliata, perché non farmi pulire da lei? Ho oltrepassato il punto di non ritorno. Non ho più nulla di cui vergognarmi.

Mi chiedo se le persone di questo mondo abbiano qualcosa contro il pulirsi a vicenda i propri corpi. Tuuli mi guardava in un modo davvero strano ogni volta che lo faceva, ma io mi sentivo benissimo. Il primo giorno, l’acqua calda nel secchio si era fatta sporca, ma negli ultimi tempi si era schiarita sempre di più. Detto ciò, la mia testa prudeva ancora. Sapevo che non c’era, ma volevo dello shampoo.

C’era anche qualcos’altro che riuscii ad ottenere: una sorta di fermaglio per raccogliere i capelli! Chiesi un bastoncino di legno per evitare che i miei lunghi, lisci capelli finissero ovunque, e Tuuli effettivamente ne intagliò uno da un pezzo di legno per me.

Beh, in realtà la prima cosa che feci fu trovare la bambola di Tuuli e chiederle di poterle spezzare una gamba, cosa che la fece piangere. Mi sentii davvero in colpa. Ma onestamente, anche se per lei era preziosa, con pezzi di legno intagliati da papà e i vestiti cuciti dalla mamma, a me sembrava un giocattolo da due soldi. Non avevo capito quanto fosse importante per lei.

Comunque. Raccolsi i capelli in un nodo, uno chignon, ma Tuuli mi disse che solo gli adulti potevano portarli in quel modo, così optai nel raccoglierne solo la parte superiore. La cultura di questo mondo è davvero diversa.

Non potevo sfuggire alle umiliazioni che subivo giornalmente così, l’unica cosa che mi restava da fare, era rimettermi in piedi e migliorare le cose in qualche modo. A tal fine, avevo bisogno di libri.

Il primo passo per migliorare la mia vita qui sarebbe stato procurarmi dei libri. Con loro, non mi sarebbe importato di trascorrere una vita intera a letto e avrei potuto sopportarne anche gli aspetti più duri. Potevo, e volevo.

Così, a qualunque costo, decisi di esplorare la casa. Non leggevo libri da molto tempo e i sintomi dell’astinenza stavano iniziando ad affiorare. Non ci sarebbe voluto molto prima che avessi urlato: «Libri! Datemi libri! Waaah!» piangendo e agitandomi.

«Myne, stai dormendo?» Tuuli aprì la porta affacciandosi. Dopo aver visto che stavo ancora distesa tranquillamente, annuì a sé stessa soddisfatta.

Negli ultimi tre giorni, ero sgattaiolata continuamente fuori dal mio letto subito dopo essermi svegliata per mettermi alla ricerca di libri, così mia madre e Tuuli, che si erano prese cura di me per la maggior parte del tempo, stavano sempre in guardia. Nello specifico Tuuli, a cui era stato assegnato il compito di farmi da babysitter, era disperatamente intenzionata a farmi restare a letto mentre mia madre era a lavoro nel corso della giornata. Il mio piccolo corpo non era in grado di batterla, non importa quanto provassi a scappare da lei.

«Un giorno, (ascenderò) da qui»

«Cosa hai detto, Myne?»

«...Mhmm? Ho solo detto che non vedo l’ora di crescere.»

Non rendendosi ovviamente conto della verità nascosta dietro le mie parole fintamente dolci, mi rivolse un sorriso afflitto. «Crescerai tantissimo quando la tua malattia andrà via. Sei sempre malata e mangi a malapena. Qualche volta capita anche che le persone ti scambiano per una bambina di soli tre anni quando, in realtà, ne hai cinque.»

«E tu, Tuuli?»

«Ho sei anni, ma tante persone pensano che io ne abbia sette o otto, credo che vada bene così.»

Avevamo un anno di differenza ed eravamo così diverse? Sembra che la mia ascensione finirà con l’essere più difficile del previsto. Ma non mi arrenderò. Pulirò questo posto, mangerò adeguatamente e guarirò in men che non si dica.

«La mamma è andata al lavoro. Laverò io i piatti. Non muoverti dal letto, intesi? Qualsiasi cosa succeda. Non ti riprenderai se non riposi, e se non ti rimetterai, non crescerai.»

Il giorno prima, mi ero comportata bene per farle abbassare la guardia, aspettando pazientemente a letto il momento in cui se ne fosse andata.

«Io vado. Fai la brava mentre sono via.»

«Va beeene.» Diedi a Tuuli la risposta che voleva e se ne andò chiudendo la porta della camera.

Eh... eh eh eh...! Ora, muoviti e vai via.

Aspettai pazientemente che Tuuli mettesse i piatti in un cestino e li portasse fuori. Non sapevo dove li lavasse, ma sapevo che solitamente restava fuori trenta minuti. Casa nostra non aveva l’acqua corrente, potevo quindi dedurre che c’era una fonte comune da qualche parte lì fuori. Ascoltai il tintinnio della serratura e poi sentii i suoi passi allontanarsi lungo le scale.

Bene... è l’ora della caccia. Tuuli è decisamente grande abbastanza da avere qualche libro illustrato in giro. Ne troverò non appena inizierò a cercare. Sicuramente. Non esiste casa che non abbia qualche libro al suo interno. Forse non riuscirò a leggerlo veramente, ma potrei riuscire ad immaginare cosa accadrà dalle figure per poi dedurre il significato delle parole.

Una volta che non sentii più il rumore dei passi di Tuuli, uscii furtivamente dal letto. Sobbalzai un po’ quando i miei piedi toccarono il pavimento; era coperto di sporcizia ed era lurido. La mia famiglia lo aveva sporcato camminandoci sopra con le loro scarpe sporche e, nonostante non volessi starci a piedi nudi, Tuuli aveva messo via le mie scarpe, simili a zoccoli di legno, per evitare che me ne andassi in giro. Non avevo scelta.

Bene... in ogni caso, trovare dei libri è molto più importante che avere i piedi puliti.

Sotto il letto in cui ero stata bloccata per giorni a causa della mia incessante febbre, c’era una cesta piena di giocattoli per bambini fatti di legno e paglia, ma niente libri. «Sarebbe stato molto più semplice per me se fossero stati lì...»

Sentivo la sporcizia sfregarmi le piante dei piedi ogni volta che avanzavo. Era consuetudine in questa famiglia portare le scarpe in casa, per questo sapevo che non sarebbe servito a nulla se mi fossi lamentata. Lo sapevo, ma non potevo farci nulla.

«Qualcuno potrebbe portarmi una scopa e uno straccio, per favoree?» Ovviamente nessuno rispose alla mia chiamata, e nessuno dei due oggetti si materializzò magicamente dal nulla.

«Ngggh! Sono già in difficoltà?» Per me, il più grande ostacolo da superare nell’esplorazione della casa era la porta della stanza da letto. Potevo in qualche modo raggiungere la maniglia se mi fossi allungata davvero, davvero tanto, ma la cosa stava diventando più ardua del previsto.

Mi guardai attorno alla ricerca di qualcosa su cui poter salire e mi accorsi della scatola che conteneva i miei vestiti. «Nmmn...!» Non avrei avuto problemi se fossi stata Urano, ma ora le mie mani erano così piccole da non riuscire a svuotarla nemmeno volendo. Pensai di capovolgere il cestino dei giocattoli sottosopra e salirci, poiché ero comunque molto bassa, ma probabilmente ero anche abbastanza pesante da farlo rompere.

«Devo crescere e subito. Ci sono troppe cose che non posso fare con questo corpo.»

Mi guardai attorno e, dopo aver pensato a cosa spostare, decisi di appallottolare la coperta dei miei genitori per usarla come appoggio. Avrei odiato stendere la mia su questo pavimento sporco, ma i miei genitori erano abituati a vivere in quel sudiciume. A loro non sarebbe importato. Sicuramente. Ehm... scusatemi, mamma. Papà. Ma non c’è nulla che non possa fare se sono in gioco dei libri, anche se ciò significasse venir sgridata più tardi.

«Oof.» Riuscii a salire sulla coperta appallottolata e, in qualche modo, a girare la maniglia facendo leva col peso del mio corpo.

La porta si aprì con uno scricchiolio.

«Eh?!»

Stavo spingendo la maniglia con tutto il mio peso, quando la porta si aprì verso di me. Rapidamente la lasciai andare prima che la porta mi colpisse in testa, ma era troppo tardi. Caddi all’indietro e rotolai giù dalla coperta per poi colpire il pavimento con un sonoro tonfo.

«Oooh...» Mi alzai tenendomi la testa e vidi che, quantomeno, la porta era ancora aperta. Questo dolore è per il bene superiore.

Passai attraverso l’apertura della porta e la spinsi in modo che si aprisse completamente facendo strisciare la coperta dei miei sul pavimento. Sembrava che quella parte fosse diventata improvvisamente più pulita, ma feci finta di non aver visto nulla. Non volevo che diventasse così sporca.

Mi... mi dispiace davvero tanto.

«Oh, è la cucina.» Lasciai la stanza da letto e vidi che c’era una cucina proprio al di fuori. Beh, non che si potesse considerare veramente tale. Più che altro, la si poteva vedere come un angolo in cui si decideva di cucinare, ma non volentieri.

C’era un piccolo tavolo al centro della stanza con due sedie da tre gambe ciascuna e una lunga scatola che fungeva, quasi sicuramente, da sedia. A sinistra, un armadio con una maniglia, presumibilmente con dei piatti al suo interno. Il muro più vicino alla stanza da letto aveva dei chiodi su cui erano posti pentole in metallo, mestoli e padelle. Accanto, una fornace che probabilmente era utilizzata come fornello. Su una corda che collegava due muri della stanza pendevano dei panni sporchi, che sembravano così sporchi da rendere, probabilmente, qualsiasi cosa toccassero ancora più sporco.

«Va bene. Credo di aver capito perché sono malata tutto il tempo.»

L’angolo di fronte alla fornace erano presenti una grossa brocca d’acqua ed una bacinella che serviva da lavandino. Come pensavo, non vi era acqua corrente. Per finire, c’era un grosso cesto pieno di patate, cipolle e altri prodotti alimentari. C’erano anche altre cose che non riconoscevo, quindi era molto probabile che le patate non fossero propriamente patate.

«Mhmm? Questo... sembra un avocado. Sarà possibile ricavarci dell’olio.» Guardai tra il cibo e trovai un frutto specifico che destò il mio interesse. Se avessi potuto estrarne dell’olio, magari avrei potuto fare qualcosa per la mia testa che prudeva.

Quando ero Urano, mia madre si fissava su cose a caso, una dopo l’altra. Si poteva descrivere solamente come eccessivamente stravagante. Rendeva qualsiasi cosa le apparisse dinanzi in quell’esatto momento, il punto focale della propria esistenza: programmi televisivi sul risparmiare soldi, articoli di giornale sul vivere nella natura, attività straniere in un centro culturale, qualunque cosa. Mi trascinava sempre con lei dicendomi di interessarmi ad altro oltre che ai libri, ma sapevo che veniva solo coinvolta dalle cose che le importavano. Non avendo altra scelta, la seguivo ogni volta, e grazie a quelle esperienze imparai il necessario per poter fare uno shampoo da sola.

…Grazie, mamma. Forse posso sopravvivere qui. Incoraggiata da quanto avevo trovato, osservai la stanza e notai che vi erano due porte oltre quella della camera da letto.

«Hehe. La porta di sinistra o quella di destra, quale delle due è quella giusta?» La cucina non sembrava avere alcuna libreria. Vidi che una delle due era socchiusa, così la aprii completamente.

«Mhmm, un magazzino. Non credo.» Era una stanza piena di cose di cui veramente non conoscevo lo scopo. Anche se sulle mensole erano presenti diversi oggetti, era davvero tutto in disordine e non sembrava quel genere di posto da avere una libreria.

Mi arresi e cercai di aprire l’altra porta. Tintinnò un poco quando la tirai, segno che era chiusa. Passarono minuti interi in cui cercai di aprirla senza alcun risultato. Non si apriva.

«...Un momento. Tuuli non è uscita da questa porta? Cos…? È tutto qui?» Se questa porta conduceva fuori, allora casa nostra non aveva una vasca, dei servizi, dell’acqua corrente e delle librerie. Non c’era nulla. Non importava quanto cercassi, non avrei trovato altre stanze.

...Umm, Dio, mi odi? Tutto questo è solo uno scherzo crudele? Avevo chiesto di rinascere così da poter continuare a leggere anche dopo la mia morte. Non avevo alcuna intenzione di essere trasportata in un altro mondo con i miei ricordi e le mie abitudini di quando vivevo in Giappone, costretta a vivere in una casa senza vasca, bagno e acqua. Ero sicura che mi avresti portata in un mondo stracolmo di libri.

«...Che siano costosi?» Stando alla mia conoscenza della storia, i libri erano davvero molto costosi prima dell’invenzione della stampa che portò alla loro produzione in massa. Chi non era nato in una famiglia ricca o nobile non avrebbe mai letto un singolo libro in tutta la sua intera vita. Nel caso specifico, questo non sembrava un mondo in cui donavi al bambino dei tuoi vicini un libro illustrato in regalo.

«Tsk, va bene. Allora, cercherò delle lettere da qualche parte.» Non avevo alcun bisogno di libri per studiare il sistema di scrittura di questo mondo. Manifesti, giornali, manuali, calendari e ogni genere di cosa aveva delle lettere scritte sopra. O almeno era così in Giappone.

«...Niente. Non ci sono lettere da nessuna parte! Nemmeno una!»

Avevo camminato per tutta la stanza cercando in qualsiasi mensola e armadio potessi trovare, ma non solo non avevo trovato alcun libro, non ero riuscita a trovare niente che avesse una singola lettera. Non riuscivo a trovare lettere o cartacce.

«Che sta succedendo qui?» La mia testa iniziava a farmi male, come se la febbre fosse scoppiata tutta d’un tratto. Il mio cuore palpitava e lo sentivo urlare, le valvole contrarsi. Caddi a terra come una bambola a cui avevano strappato i fili. I miei occhi bruciavano dall’interno.

Bene, ero stata schiacciata da dei libri. Non potevo farci nulla. Era il mio sogno quello di morire sepolta da dei volumi. Lo accettavo. Ed era vero che avevo chiesto io stessa di reincarnarmi. Lo capisco.

...Ma sai, non ci sono libri qui. Non ci sono nemmeno lettere. Nemmeno della carta! Posso davvero vivere in un posto del genere? Ho qualche ragione per continuare a vivere?

Una lacrima scivolò lungo la mia guancia. Non avevo pensato nemmeno una volta che potesse esistere un mondo senza testi. Una cosa del genere mi era inconcepibile. Ed invece, eccomi qua. Incapace di pensare ad una sola ragione per vivere in questo mondo come Myne, sentii un vuoto dentro. Non riuscivo a smettere di piangere.

«Myne! Perché non sei a letto?! Non camminare in giro senza scarpe!»

Tuuli era tornata a casa, e vedendomi sul pavimento della cucina, urlò con i suoi occhi blu spalancati per la rabbia.

«...Tuuli, davvero non ci sono (libri)?»

«Cosa c’è che non va? Ti senti bene?»

«Tuuli, voglio dei (libri). Voglio leggere dei (libri). Ho una voglia matta di leggerli, ma qui non c’è alcun (libro)».

Tuuli mi chiamò, preoccupata, mentre lacrime scorrevano lungo le mie guance. Lei era abituata ad un mondo privo di libri. Non avrebbe capito il mio dolore qualsiasi cosa le avessi detto.

...C’è qualcuno che può capirmi? Qualcuno che sa dove posso procurami dei libri? Qualcuno, me lo dica. Per favore.